Intelligenza Artificiale e mercato del lavoro

Intimoriti dall’Intelligenza Artificiale? Abbiamo provato a raccontarla nella nuova puntata di Economix, condotta da Alessandra Rossi, cercando di sfatare qualche falso mito. In studio, Ilaria Griffoni co-founder di T-Seed e membro di Aidp, insieme a Gianluca Caffaratti, presidente Aidp Liguria

Intanto l’«IA è un cambiamento epocale che tocca tutti i settori e le tipologie di aziende – sottolinea Caffaratti – ci sono poi uffici in cui questa risorsa ovviamente impatta di più. Vantaggi e svantaggi?  Beh, i pro sono maggiori, almeno tre: sicuramente il fatto di avere un aiuto per chi non ha personale o colleghi e magari lavora solo o sola da casa. Poi, abbassa il gap tra chi è molto intelligente e poco intelligente: in questo senso è una rivoluzione democratica. In ultimo è economica: tutte le aziende possono permettersela».

Nella storia della Intelligenza Artificiale, l‘aspetto etico non può essere tralasciato, come evidenzia Griffoni, perché «questa rivoluzione è veloce e capillare. Pensiamo a Chat gpt che in un mese, nella versione gratuita, ha raggiunto 50 mln di utenti, stabilendo un vero e proprio record. Questo però determina una forte pervasività e suscita timori: tipo il fatto di poter essere sostituiti o che queste macchine senzienti calpestino i nostri diritti, ma c’è anche il dubbio l’utilizzo dei nostri dati; non ultimo, l’aspetto che la tecnologia è in mano a poche big tech. C’è da dire che il sistema normativo istituzionale è in grande ascolto e sta lavorando per capire i perimetri da dare a questa tecnologia. Il primo strumento è proprio la consapevolezza: rimanere in allerta, con l’ottimismo di vedere una rivoluzione tecnologica davanti ai nostri occhi».

Vi è in particolare il timore che l’Intelligenza Artificiale  faccia sparire alcune professioni, come quelle creative, ad esempio: «C’è da dire che oggi l’Intelligenza Artificiale è dominata e al servizio dell’uomo – osserva Caffaratti – Più che di sostituzione, parlerei di nuovi modi di lavorare».

Tutta la partita, prosegue Griffoni, «si giocherà sul benessere delle persone e sulla possibilità di riappropriarsi del proprio tempo«. Di fronte a questa rivoluzione, «la formazione è importante, proprio alla luce del cambiamento veloce ed epocale che stiamo vivendo – sottolinea Griffoni – Quindi devono essere formazioni continue, aggiornabili di anno in anno e magari di peer education dove ci si mette intorno ad un tavolo e si fa scambio di competenze».

Non ultimo, l’IA deve lavorare per la parità di genere, ma anche qui c’è strada da fare: basti pensare che «4 ricercatori su 5 sono uomini», ricorda Caffaratti. Quindi intelligenti sì, ma ci applichiamo ancora poco. E la storia dell’IA è ancora lunga da scrivere.