È online la nuova puntata di Economix, condotta da Alessandra Rossi, stavolta dedicata al tema del ciclo dei rifiuti, in particolare a Scarpino di cui abbiamo deciso di raccontare passato presente e futuro. In studio, il presidente di Amiu, Giovanni Battista Raggi e Carlo Senesi, dirigente Amiu area impianti, sviluppo innovativo e tecnologico.
Scarpino non è più un girone dantesco
«Scarpino non è più quel girone dantesco che era un tempo – spiega Raggi -, ovvero quel luogo temporaneo dove, alla fine degli anni Sessanta, portare rifiuti per poi realizzare inceneritori. Oggi è un esempio di come si può recuperare una situazione molto difficile, mettendola in sicurezza con strumentazioni, monitoraggio e impiantistiche che impediscano effetti inquinanti nell’ambienti».
Tra il 2014 e il 2017 venne chiusa Scarpino per una serie di pericoli ambientali evidenti, a fronte dei quali si è intervenuto per stabilizzare il rifiuto nella maxi area- al fondo di Scarpino c’è uno spessore di rifiuti di 110-115 metri -, ma anche tramite il recupero del percolato (liquido che passa attraverso il rifiuto e porta via una serie di materiali inquinanti che non devono impregnare il terreno e finire nei corsi d’acqua) che oggi viene raccolto in apposite vasche e “filtrato” attraverso un impianto di depurazione, il più grosso depuratore al mondo su discarica.
Senesi, “padre” della messa in sicurezza di Scarpino, ricorda che il passaggio costante dell’acqua piovana attraverso i rifiuti «ha sempre portato via materiale ancora contaminante. Ecco che negli anni della chiusura si è scelto di voltare pagina: si è progettato un impianto di depurazione che non esisteva sul mercato, poi si è fatta partire l’attività di capping, quindi la copertura della discarica che impedisse alle piogge di aumentare il percolato. Si tratta di un grandissimo cantiere che va avanti dal 2018 e che durerà ragionevolmente ancora 2-3 anni».

La sfida dell’economia circolare
Ma quali le sfide da affrontare? «Il nostro obiettivo – spiega – è l’economia circolare: già ad esempio partendo dal depuratore, ad esempio, abbiamo apportato modifiche tali da utilizzare anche il concentrato, quindi il residuo della depurazione, producendo solfato di ammonio, che è stato certificato e che noi rivendiamo». Ma anche il biogas prodotto dalla discarica, o il più grande impianto di fotovoltaico installato lì.
«Come obiettivo, abbiamo in mente di chiudere il ciclo archiviando la discarica, con elementi innovativi e moderni – sottolinea Senesi – La discarica va messa in sicurezza, ma non deve essere più il modo in cui chiudiamo il ciclo dei rifiuti». I tempi per raggiungere l’obiettivo sono sempre «una variabile italicamente estensibile – osserva Raggi – Pensiamo solo alle certificazioni e le autorizzazione degli impianti, nonché la loro realizzazione. Per costruire gli impianti finali occorrono in media tre anni, ma per vedere il lavoro finito ce ne vogliono 5-6, perché per autorizzazioni servono almeno 3 anni. È un enorme problema: se da un lato è corretto valutare tutti gli impatti e le tecnologie, ma il rischio è partire con un progetto che, quando viene autorizzato, è già vecchio perché le tecnologie sono andate avanti».
Amiu cerca di captare le nuove possibilità tecnologiche per ottimizzare i processi di economia circolare: «Sul tema delle biomasse – spiega – si sta valutando di superare ad esempio lo stoccaggio per realizzare, attraverso nuove tecnologie, idrogeno o metano, quindi utilizzando in maniera economicamente più vantaggiosa quel materiale».
