Generazioni a confronto, quale la sfida? Ne abbiamo discusso nella prima puntata della nuova stagione di Economix, condotta da Alessandra Rossi. In studio, Ilaria Griffoni co-founder di T-Seed e membro di Aidp, insieme a Gianluca Caffaratti, presidente Aidp Liguria.
«La convivenza è una sfida complessa che va gestita – sottolinea Caffaratti – Bisogna trarre benefici dalla diversità generazionale, anche per essere più competitivi». Secondo Griffoni bisogna sfatare il pregiudizio tutto italiano del “giovane-inesperto”, non all’altezza: «Negli Usa le imprese tecnologiche sono guidate dalla Gen-Z (nati tra tardi anni Novanta e primi 10 anni del Duemila, ndr), mentre in Italia c’è reticenza».
8 generazioni che convivono
Le aziende, secondo i due esperti, devono guardare la realtà e quanto sta accadendo: se dal 2010 al 2025 ci sarà infatti una nuova generazione, la Alfa, nata con “la tecnologia nel sangue”, dal 2025 ci sarà una nuova generazione, la Beta e, con l’allungarsi dell’aspettativa di vita per allora avremo, sottolinea Griffoni, «ben 8 generazioni che convivono, una cosa mai accaduta nella storia».
La generazione Alfa, intanto, è osservata speciale dal mercato perché, evidenzia sempre Griffoni, ha delle peculiarità: «L’estrema confidenza con gli strumenti digitali, sono infatti detti ‘generazione touch’. Inoltre sembrano avere un senso dell’auto imprenditoria particolarmente sviluppato, anche grazie alla rivoluzione tecnologica in atto. Secondo un’indagine di una carta di credito, quasi 3 su 4 bambine e bambini riescono a guadagnare denaro, attraverso social network e piattaforme di market place».
Ma quanto etico può essere questo ragionamento? «Sicuramente – osserva Caffaratti – la parte etica va sempre tenuta in considerazione. Dobbiamo però anche capire il mercato. Nel 2035 il 30% dei lavori saranno qualcosa che non esiste ancora oggi e sapere che la generazione Alfa che lavoro farà è impossibile: sicuramente sarà una generazione on demand, non facilmente schedulabile in schemi, orari e processi».
Il lavoro in remoto
In questo senso, il lavoro in remoto è un vantaggio che le aziende devono comprendere: «L’idea di venire a lavorare a Genova perché c’è il bel clima e il mare – sottolinea – è un modello vecchio. Oggi un lavoratore giovane vuole lavorare dove abita, dove sta meglio e dove pensa la sua vita sia migliore in termini qualità-prezzo». Anche il sistema valoriale è cruciale per i lavoratori di oggi e di domani: «La Gen-Z – osserva Griffoni – è bravissima a stanare le bugie: noi passiamo lavorando una parte importante della nostra vita e dobbiamo trovargli un senso».