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Generazioni a confronto

Puntata 1

Economix è tornata per approfondire i temi dell’economia e del lavoro in Liguria.

In studio, con la conduzione della giornalista Alessandra Rossi, si è discusso di Generazioni a confronto con Luca Barigione – presidente di Federmanager Liguria, Gianluca Caffaratti – presidente di AIDP Liguria, Elisabetta Fegino – co fondatrice di AXIA, Selene Marone – co fondatrice di Waddi (specializzata nella ricerca e selezione del personale) e Marco Romussi – responsabile area relazioni industriali per Confindustria Genova.

Le opportunità

«Ci troviamo oggi ad operare in un contesto unico nelle aziende – ha esordito Romussi – con quattro generazioni a confronto: boomer, millennial, gen X e gen Z. Questo può creare conflittualità ed è compito delle aziende cercare di trasformare questo possibile conflitto in opportunità. Per questo – sottolinea – le aziende devono attrezzarsi. In che modo? Rimettendo la persona al centro. È necessario favorire il dialogo tra lavoratori di generazioni diverse e il trasferimento di competenze».

Secondo uno studio di Confindustria, tale passaggio viene effettuato principalmente con l’incontro personale, ma oggi ci si avvale di strumenti più vicini ai giovani, come pillole formative, video formativi. Inoltre, è prassi sempre più comune il reverse mentoring che vede, specialmente in ambito tecnologico, i giovani “insegnare” ai senior l’utilizzo delle moderne tecnologie.

La formazione

Per tutti però, nuovi arrivati e senior, è indispensabile la formazione e la disponibilità a mettersi in gioco: «La formazione che eroga un ente come il nostro – evidenzia Fegino di Axia – parte dai più giovani sperando di coprire tutte le fasce d’età, attraverso l’impiego ad esempio del Fondo sociale europeo. Si inizia dai ragazzini, magari per imparare a diventare professionisti youtuber, proponendo incontri estivi, al posto del classico centro estivo; per i più grandi ci sono i bandi Match point, sempre rivolti a disoccupati che si iscrivono, fanno corsi e stage, che sono quasi già lavoro. Il reperimento dei candidati è oggi più difficile, quindi una maggiore sinergia e comunicazione tra enti diventa cruciale per individuare la domanda e lanciare nuovi corsi».

La Gen Z

Per Caffaratti, «ogni generazione va ascoltata, senza dare un giudizio. Ricordiamo che la gen Z nel 2028 occuperà il 30% dei posti privati, quindi per le aziende diventa necessario imparare a far convivere generazioni diverse al proprio interno e a sfruttare la differenza, facendo in modo che diventi un più e non un meno».

Secondo quanto rilevato da AIDP, inoltre, la gen Z «è diversa sotto tanti punti di vista: per fare degli esempi, un contratto a tempo indeterminato è molto meno importante, forse perché c’è un concetto di libertà e di voglia di cambiare diverso rispetto al passato. La gen Z inoltre è cresciuta sapendo l’inglese e il problema delle lingue in azienda oggi è sparito. Ci sono dunque diversità che vanno valorizzate anche perché la resa della gen Z andrà a bilancio nei prossimi anni e sarà pesante».

Il fattore persona

«Si torna al fattore persona – evidenzia Marone – Bisogna far conoscere l’azienda al candidato e il candidato all’azienda. In questo, è cambiato anche il “come” le aziende cercano candidati: oggi tutti sono orientati sui social e il recruiting passa anche da Linkedin, Facebook e persino Twitter. Colossi come Disney o Ups utilizzano ad esempio molto i social per il recruiting. Un altro aspetto è l’avvicinamento tra azienda e candidato che diventa parte della filosofia aziendale, parte del raggiungimento dell’obiettivo aziendale. Non è più il fondo di un processo, ma ne è parte integrante. In questo senso – spiega – non si è solo lavoratori, ma persone e bisogna far funzionare al meglio queste due cose. Lo smart working ad esempio può aiutare».

Anche per Barigione, «è l’azienda che deve farsi parte attiva nell’ascolto di chi ha davanti, per trovarne il potenziale». Mentre all’interno della stessa squadra, il confronto tra generazioni diverse è la chiave per un buon ambiente di lavoro: mentoring e reverse mentoring, ovvero l’insegnamento che passa tra senior e junior e viceversa è per Federmanger un aspetto su cui puntare.

Per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro e della propria vita, «più che il come vengono fatte le cose, contano gli obiettivi – dice Barigione – definiti quelli, condiviso il percorso con i colleghi, tutto il resto viene da sé. La spinta verso un full remote working può rendere più difficile la condivisione di esperienze, vissuto, valori e contenuti che in un processo di mentoring è necessaria. Inoltre, un limite è considerare l’informazione come un tesoretto da nascondere: tramandare il proprio know how alle future generazioni è una necessità per non sparire».

Anche perché, evidenzia Romussi citando uno studio di Confindustria, «in Liguria ci sono 102 occupati per 100 pensionati: siamo davvero al limite di una situazione sostenibile. Ci sono figure che hanno difficoltà a staccarsi dalle proprie competenze – sottolinea – E il passaggio di consegne per esempio alla testa delle aziende è uno dei momenti più delicati: per questo occorre muoversi per tempo, preparare la strada in termini di formazione, perché i giovani hanno quel quid in più di fantasia e conoscenze tecnologiche che spinge la nostra economia ad andare avanti e a rispondere alle sfide che verranno».


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